– 21 novembre 2021 –
«Tu lo dici: io sono re»
INTRODUZIONE
G. – Celebriamo oggi la Solennità di Cristo, Re dell’universo. Il Regno di Gesù, testimone di verità. Al termine dell’anno liturgico, la festa di Gesù Cristo, Re dell’universo ci propone la felice meta salvifica della nostra vita e di tutto il creato. Il profeta Daniele (prima lettura), ha la visione di un anziano seduto sul trono, e di un Figlio d’uomo, che riceve da lui potenza, onore e Regno eterno. L’Apocalisse (seconda lettura) rivela che Gesù è il testimone fedele, colui che ci ama e che, con il suo sangue, ci rende partecipi del sacerdozio regale. Nel vangelo secondo Giovanni, Gesù, di fronte a Pilato durante il processo romano, afferma la sua divina regalità. Egli è la manifestazione della verità, il suo messaggio di salvezza offerto all’umanità, in ogni tempo «per» e «con» amore. Egli è testimone della verità: essere «dalla verità», quindi, significa partecipare alla sua morte e risurrezione, ricevendo così la vita in pienezza. Per il contenimento della diffusione del contagio del Covid-19 ricordiamo che l’accesso in chiesa è consentito solo nei posti a sedere indicati e con la mascherina ben posizionata sul volto per tutta la durata della celebrazione.
PRESENTAZIONE DEI DONI
G. – Con il pane, il vino, il cesto della solidarietà presente in ogni negozio della Città offriamo a Dio la regalità di Cristo che ci rende amore concreto nei confronti dei poveri.
RINGRAZIAMENTO ALLA SANTA COMUNIONE
G. – C’è un terribile equivoco, Gesù, quando ti si designa con il titolo di re. E Pilato, il procuratore romano, lo mette subito in evidenza. Per lui, come per tutti, la regalità è sinonimo di potere, di forza, assicurati attraverso l’uso delle armi con cui si sottomette e si sfrutta, si decide sulla testa degli altri e si spazza via brutalmente ogni ribelle. Per lui, come per tutti, la regalità si esibisce attraverso la ricchezza, la costruzione di opere gigantesche, un’esistenza vissuta nel lusso. Ma tu non corrispondi per niente a quest’immagine comune: non hai soldati che ti difendono, non hai sostanze che ti assicurano agiatezza e privilegi e non eserciti nessun dominio su persone piegate al tuo servizio. Sì, per tutte queste ragioni, Pilato – e con lui tutti gli altri – non possono capire. Proprio per questo tu affermi: «Il mio regno non è di questo mondo». In effetti l’unico potere che ti si addice è quello dell’amore e della misericordia, che ti spinge a servire e non a farti servire, a donare la tua vita non a chiedere quella degli altri, a testimoniare sempre la verità non gli interessi dei grandi della terra.