– 14 ottobre 2018 –
«Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!»
INTRODUZIONE
G. – Celebriamo oggi la XXVIII Domenica del Tempo Ordinario. Di fronte alla tentazione, così presente nella nostra cultura consumistica, di fare della ricchezza l’unico obiettivo dell’esistenza il vangelo di Gesù indica la via stretta della moderazione, la quale può insegnare l’apertura del cuore e la disponibilità a renderci sensibili alle necessità di chi sta nel bisogno. Infatti, non la ricchezza (il denaro) in sé è cattiva, ma l’uso distorto ed egoistico che se ne può fare. Disponibilità allora significa imparare a mettere l’avere al servizio dell’essere, imparare la prospettiva sapienziale per cui «tutto l’oro al suo confronto è un po’ di sabbia», imparare che gli idoli (di qualsiasi forma) allontanano dal regno di Dio. Come sempre ricordiamo a tutti di spegnere i cellulari e di partecipare alla preghiera con i canti, i testi preposti e senza parlare di altro.
PRESENTAZIONE DEI DONI
G. – Con il pane, il vino, il cesto della generosità e le offerte che raccogliamo nei cestini offriamo al Signore la ricchezza più grande dell’uomo.
RINGRAZIAMENTO ALLA SANTA COMUNIONE
G. – C’è uno sguardo d’amore che tu posi su quell’uomo: anche tu, Gesù, probabilmente sei colpito dal suo entusiasmo. Ti corre incontro, si butta in ginocchio davanti a te, ti chiede quello che molti sembrano ignorare: la vita eterna! E ti dichiara con sincerità di aver preso sul serio fin dalla sua giovinezza i comandamenti di Dio. Ed è per questo che gli offri di diventare tuo discepolo. Non si tratta, però, semplicemente di aggiungere un rito o una preghiera a quello che già compie con devozione e neppure di aumentare le pie pratiche del digiuno, della penitenza, dell’elemosina. No, a chi vuole seguirti, venire con te e percorrere la strada che tu tracci, è richiesto molto di più: liberarsi da tutto ciò che costituisce un ingombro, una sicurezza illusoria, rompere con il passato per aderire totalmente alla vita nuova che proponi, lasciarsi afferrare del tutto da un presente che cambia i connotati dell’esistenza per aprirla al futuro di Dio.