– 9 Settembre 2018 –
«… Lo prese in disparte… e con la saliva gli toccò la lingua.»
INTRODUZIONE
G. – Celebriamo oggi la XXIII domenica del tempo ordinario. Ascoltare, nel linguaggio della Bibbia, non significa soltanto udire superficialmente, ma piuttosto “obbedire”, non nel senso di un subire o eseguire passivamente un volere altrui, quanto nel senso di riconoscere i primato di Dio nella nostra vita . Le immagini della Bibbia presentano spesso l’uomo (o addirittura il popolo) come chiuso alla parola di Dio, come sordo e muto, incapace di comprendere e di riconoscere la strada della vita che la Parola indica. Per questo l’iniziazione alla fede viene spesso intesa come una “guarigione”, che ridona vita e fa capaci di lode. Come sempre ricordiamo a tutti di spegnere i cellulari e di partecipare alla preghiera con i canti, i testi preposti e senza parlare di altro.
PRESENTAZIONE DEI DONI
G. – Con il pane, il vino, il cesto della generosità e le offerte che raccogliamo nei cestini offriamo al Signore il desiderio di essere prossimo del fratello.
RINGRAZIAMENTO ALLA SANTA COMUNIONE
G. – Ci sono situazioni, Gesù, che appaiono senza via d’uscita: siamo bloccati, chiusi, impenetrabili a qualsiasi messaggio, incapaci di proferire parole. Prigionieri del nostro orgoglio, isolati dalla testardaggine, incatenati alla nostra visione della realtà e degli avvenimenti, non siamo in grado di venirne fuori. In parte vittime, in parte causa delle nostre sofferenze, di tante pene, non abbiamo la forza di fare i primi passi per ristabilire contatti interrotti, né abbiamo voglia di far marcia indietro, ammettendo di esserci sbagliati. I nostri orecchi sono chiusi perché non intendiamo ascoltare se non ciò che ci risulta gradito e che non ferisce il nostro orgoglio. La nostra bocca non pronuncia più messaggi di fraternità e di comprensione, abituata com’è a provocare irritazione e contese. Signore Gesù, solo tu puoi sanare la nostra infermità e donarci la possibilità insperata di ristabilire la comunicazione. Signore Gesù, abbatti i muri che noi stessi abbiamo innalzato e trasforma il nostro cuore. Solo allora potremo ritrovare la gioia di una comunione autentica.