Commento alla XXIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Domenica 16 Ottobre 2016

« In una città viveva un giudice che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno…»

 

INTRODUZIONE

G.– Celebriamo oggi la XXIX Domenica del Tempo Ordinario. La preghiera “cristiana” non è uno strumento per forzare Dio ad assecondare la nostra volontà, ma piuttosto per chiedere a lui la forza di aderire alla sua volontà. Non è un’azione magica volta alla risoluzione dei nostri problemi, ma richiesta, come si afferma nel vangelo di Luca, dello Spirito Santo, per comprendere il senso degli avvenimenti e diventare capaci di testimonianza: Dio, infatti, conosce ciò che è bene per noi. In tal senso il pregare è autentica espressione della fede e nasce dall’ascolto e dall’accoglienza della parola che Dio ci rivolge attraverso Gesù. Se la preghiera scaturisce da vera fede, diventa allora più facilmente anche stimolo ad un impegno per vivere e diffondere la sua Parola. La parabola narrata nel Vangelo mostra quale caratteristica possa avere la preghiera cristiana: la perseveranza, che si fa espressione della fiducia. La convinzione che “Dio farà giustizia” può diventare il respiro della nostra vita quotidiana: nel senso che egli può guidarci a ciò che è giusto per noi, riempiendo di significato e di coraggio tutti i momenti e tutti i vissuti. Come sempre ricordiamo l’educazione di spegnere i cellulari, di partecipare alla preghiera anche con i canti e di non parlare durante la celebrazione.

PRESENTAZIONE DEI DONI

G. – Con il pane, il vino, il cesto di solidarietà e le offerte che raccogliamo nei cestini offriamo al Signore la nostra gioia nell’affrontare il quotidiano.

RINGRAZIAMENTO ALLA SANTA COMUNIONE

G. – Gesù, tu ti preoccupi di insegnarci a pregare in modo autentico perché la nostra relazione con Dio non scivoli nella pretesa di piegarlo alla nostra volontà o peggio nell’assurdo di una transazione commerciale. No, il Padre tuo non ha affatto bisogno di essere convinto a volerci bene: ce lo ha già dimostrato prima ancora che potessimo conoscerlo ed amarlo. Le nostre parole, dunque, danno voce alla fiducia, alla certezza che egli non ci abbandona mai, anche nei momenti in cui meriteremmo di affondare nelle conseguenze dei nostri sbagli penosi. Certo, il suo disegno di salvezza non può essere scambiato con le piccinerie che spesso gli chiediamo, ma egli prende sul serio ogni nostra fatica, ogni nostra pena e soprattutto la nostra debolezza. Sa che non riusciamo a reggere a lungo quando attraversiamo la prova e, senza sostituirsi a noi, non ci lascia mancare il suo Spirito. È vero: spesso ci attendiamo da lui una soluzione magica, istantanea, ma egli non esita a ravvivare la nostra pazienza e la nostra speranza perché non manchiamo al giorno del compimento.