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“A Te affidiamo questo foglio ancora bianco su cui ci sarà scritto il nuovo tempo”.
Carissimi,
all’indomani del 31 dicembre 2019, dove abbiamo festeggiato e accolto il 2020 con amici, parenti e persone care, la nostra Comunità parrocchiale, vive l’inizio del nuovo anno riconoscente per tutto il bene, il buono e lo straordinario che abbiamo fatto. Comincio questa prima lettera dell’anno con un pensiero che, sinteticamente, esprime quello che mi porto dentro e che propongo con un motto: ricominciare, non ripetere. Quando si deve ricominciare (in ogni ambito) il rischio è di ripetere e di ripetersi. Di considerare la storia come un eterno ritorno di cose già sentire e già fatte che non ci dicono più niente e che non suscitano in noi né sussulti, né tanto meno cambiamenti; e di concludere rassegnati e annoiati con l’autore sacro: nihil sub sole novum (Qo 10,1) .Tuttavia penso che la considerazione “niente di nuovo” del Qoelet non sia assoluta ma dipenda da un punto di vista particolare: quello del disincanto, della noia, del non lasciarsi illuminare dal “vero sole” che ci aiuta a mettere in luce, a far venire alla luce tutto il nuovo che c’è e che Egli continuamente opera (Cfr. Is 43,19; Ap 21,5). Il punto allora non è nell’assenza del “nuovo” ma nello sguardo assente sulle “cose nuove”, nell’incapacità di accorgersi dell’azione di Dio, nell’analisi della prospettiva dalla quale osserviamo la realtà. Il mistero del Natale è la manifestazione di Dio che mette le radici nel terreno fertile della storia qual è un bambino in una mangiatoia. Dunque un mistero di radicamento e di essenzialità, un mistero che se accolto ti ridona la capacità di cogliere il bello, il positivo, il bene e tutto ciò che la grazia di Dio ti da la possibilità di realizzare in questo tempo e in questo luogo. Non una ripetizione di gesti, parole, atteggiamenti e maltrattamenti anche della natura ma la conversione per essere e donare il senso profondo a ogni cosa. Le cene, i brindisi, gli addobbi, lo stare insieme nella piazza, il dare gioia ecc… Con questo nuovo anno che si apre davanti a noi non l’idea di qualcosa di migliore ma la certezza di essere noi i nuovi semi che porteranno frutti deliziosi e abbondanti di amore, accoglienza, pace e prosperità per tutti. Per le nostre strade e nelle nostre case non alberi, presepi o “assenze” narratori muti della nostra presunzione che siano essi necessari e sufficienti a raccontare il mistero del Natale ma la forza di andare oltre e, con un segno, segnare il cambiamento e la vera crescita. Natale e il nuovo anno sono la festa del ritorno alla radicalità della terra e alla semplicità della natura. Sono la manifestazione del mistero di Dio che sceglie proprio la natura (umana) e le cose semplici per parlarci di sé. Lui che solo può donarci l’intima felicità e la tanto desiderata pace. Questo, insieme al diacono don Luigi, auguro a me e a voi tutti! Questo è il Natale e il nuovo anno 2020 che spero di vivere con voi. Auguri veri,
don Francesco.