«Il fariseo… il pubblicano si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore…”»
INTRODUZIONE
G. – Celebriamo oggi la XXX domenica del tempo ordinario. Probabilmente a molti sarà capitato, almeno una volta nella vita, di ritenere che se tutti la pensassero come noi il mondo sarebbe migliore. Magari abbiamo anche avuto l’ardire di dare a Dio qualche suggerimento su come condurre il corso della storia e gli eventi che costellano la nostra esistenza. Spesso, poi, esprimiamo giudizi impietosi verso gli altri, senza nemmeno conoscere veramente cosa abita nel loro cuore. Gesù biasima tali atteggiamenti. Se davvero vogliamo presentarci al cospetto di Dio, dobbiamo farlo con l’umiltà del pubblicano, di chi cioè è perfettamente consapevole di avere bisogno di Dio e della sua misericordia. Come sempre ricordiamo a tutti di spegnere i cellulari e di partecipare alla preghiera con i canti, i testi preposti e senza parlare di altro.
PRESENTAZIONE DEI DONI
G. – Con il pane, il vino, il cesto della generosità e le offerte che raccogliamo nei cestini chiediamo al Signore che aumenti in noi sempre più l’amore.
RINGRAZIAMENTO ALLA SANTA COMUNIONE
G. – Sentirsi giusti e disprezzare gli altri: ecco, Gesù, una miscela esplosiva che tiene lontano da Dio e di fatto gli impedisce di cambiarci la vita. Chi può dire, infatti, di non aver bisogno della misericordia di Dio, della sua bontà? Chi può affermare, in tutta onestà, di non essere in debito nei suoi confronti? Chi può essere talmente orgoglioso da considerarsi in credito verso di lui? Cosa può fare, Dio, se uno ha solamente dei meriti da sciorinare al suo cospetto? Certo, le opere devote non mancano, né l’osservanza scrupolosa della legge e neppure l’impegno di fare molto più di quello che la legge richiede… Ma tutto questo è intaccato, deturpato, rovinato in modo implacabile dalla voglia di mettersi addirittura alla pari con Dio e di costituirsi giudice del proprio fratello, un giudice severo che si erge, forte delle sue benemerenze. La sentenza che tu emetti, Gesù, alla fine del racconto della parabola, ci deve indurre tutti ad atteggiamenti diversi. Perché Dio fa misericordia anche ai peccatori più incalliti che riconoscono la loro colpa, ma lascia sprofondare nella loro presunzione quelli che si esaltano ai suoi occhi.