Guardare al Popolo di Dio è ricordare che tutti facciamo il nostro ingresso nella Chiesa come laici. Il primo Sacramento, quello che sugella per sempre la nostra identità, e di cui dovremmo essere sempre orgogliosi, è il Battesimo. Attraverso di esso e con l’unzione dello Spirito Santo, (i fedeli) “vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo” (Lumen gentium, n. 10). Quindi è bene ricordarci che la Chiesa non è una élite dei sacerdoti, dei consacrati, dei vescovi, ma che tutti formiamo il Santo Popolo fedele di Dio unto con la grazia dello Spirito Santo. Per cui nella diversità dei carismi, raffigurando gli operai della vigna del Signore (Christifideles Laici di Giovanni Paolo II) dei quali parla il Vangelo di Matteo, tutti siamo chiamati e mandati perché in essa abbiamo a lavorare, con la prospettiva però che non siamo semplicemente degli operai che lavorano la vigna, ma siamo parte della vigna stessa “Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15,5). Essa infatti rappresenta il mondo intero (Mt 13,38) che dev’essere trasformato secondo il disegno di Dio in vista dell’avvento definitivo del Signore.
Spesso però, nonostante ci si definisca cristiani, Dio di fatto non è il punto di riferimento centrale nel modo di pensare e di agire, nelle scelte fondamentali della vita. Inoltre la persistente diffusione dell’indifferentismo religioso e dell’ateismo nelle più varie forme, in particolare in quella del secolarismo, l’uomo inebriato da un inarrestabile sviluppo scientifico-tecnico e affascinato dalla più antica e sempre nuova tentazione di voler diventare come Dio, mediante l’uso di una libertà senza limiti, sta tagliando le radici religiose che sono nel suo cuore: dimentica Dio, lo ritiene senza significato per la propria esistenza, lo rifiuta ponendosi in adorazione dei più diversi idoli. Così, oggi più che mai, l’impegno dei laici cristiani deve essere rivolto alla testimonianza in ogni ambito. In realtà essi non abitano un pianeta lontano, immune dalle ‘malattie’ del mondo, ma condividendo i turbamenti, il disorientamento e le difficoltà di questo tempo devono contribuire a far risvegliare nell’uomo di oggi la domanda su Dio e questo può avvenire solo con la testimonianza di chi ha il dono della fede, di chi ha un rapporto vitale con il Signore e di chi l’ha veramente incontrato.
Viene spontaneo chiedersi: conosciamo davvero il nostro Dio? Il Suo messaggio di salvezza? La nostra appartenenza a Lui che ci rende eredi delle Sue promesse?
E allora in sintonia con i pronunciamenti della Chiesa universale, i documenti della Chiesa italiana sottolineano che la formazione dei fedeli laici ha come obiettivo fondamentale la scoperta sempre più chiara della propria vocazione e la disponibilità sempre più grande a viverla nel compimento della propria missione. Così a livello regionale e nelle varie Chiese locali ci si sta organizzando affinché tutti i fedeli abbiano la possibilità di approfondire la conoscenza del Dio di Gesù Cristo, con lo studio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Un percorso di formazione di tre mesi all’anno (Dicembre-Febbraio), della durata di tre anni, la cui prolusione si terrà a Maiori il 26 Ottobre prossimo. Occorre però convincersi che non si riceve formazione vera ed efficace se ciascuno non si assume e non sviluppa da se stesso la responsabilità della formazione e la convinzione, inoltre, che ognuno è il termine e insieme il principio della formazione. Più si è formati, più si sente l’esigenza di proseguire e approfondire la formazione e più ci si rende capaci di formare gli altri: perché cristiani non si nasce, lo si diventa.
Letizia Ferrara