“Poca scienza allontana da Dio, ma molta scienza riconduce a Lui”.
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Carissimi,
con il mese di dicembre ci apprestiamo a celebrare il periodo più intenso e bello di tutto l’anno. Quest’anno, per la decima volta nella mia vita sacerdotale, ho la gioia di celebrare l’incarnazione del Verbo di Dio, Gesù, nella nostra natura umana, nulla storia mia e di ciascuno di noi. Un mistero così grande che ci mostra materialmente come la Sapienza esce dalla bocca dell’Altissimo per giungere ai confini della terra e ordinare tutto con forza amore. Fra pochi giorni riascolteremo il sapiente inno responsoriale della veglia di natale: “In mezzo al silenzio, in mezzo alla notte il Tuo Verbo, o Signore, è disceso tra noi!” Anche io, come voi, chiederò al buon Dio: “Che abbiamo da darti oggi che vieni Uomo tra noi, o Amico degli uomini?”. È la domanda che mi accompagna quotidianamente! Che cosa possiamo dare a un Dio che si da tutto a noi e che in cambio non vuole nulla! È proprio così, carissimi, le nostre preghiere, i nostri impegni pastorali, i nostri cammini formativi, sono poca cosa da presentargli. È vero che Lui si accontenta solo del nostro amore e, tuttavia, è proprio nella logica dell’amore desiderare d’appagare ed essere appagati. In mezzo al silenzio! Quanto è bella questa verità. Oggi più che mai abbiamo la necessità del silenzio adorante di fronte a Lui, Divina Eucarestia, che nella nostra parrocchia adoriamo in modo settimanale e che in questo Natale diventa per noi tutti una verità donata, Gesù è sempre in mezzo a noi. Un silenzio abitato dai nostri cuori e dalle nostre storie personali chiamate ad intrecciarsi in un serto di fiori da consegnare ai piedi dell’Altare della Beata Vergine Maria che veneriamo sotto il titolo del Rovo. Uno scritto, che la tradizione ci ha consegnato, che ci ricorda che la Chiesa è anche guidata dalla mano ben ferma di Maria e che il deposito della fede, il nostro comune Credo, è il nostro impegno per le contrade della nostra comunità parrocchiale. Per molti purtroppo è notte fonda! Quanto propizio e profetico può essere il canto del Gloria per chi cerca la luce del lavoro, della salute, della pace nel cuore e nella propria famiglia, un più sicuro e definitivo tetto sotto cui abitare, per chi non ha il coraggio di convertirsi dalla logica dell’indifferenza e del male. Celebrare il Natale vuol dire riaccendere la luce della speranza. Tenere ben accese le lampade per far luce al cammino dello Sposo che viene tra noi come filantropos, amico e amante degli uomini! Betlemme gli offrì porte sbattute in faccia, una stalla ricavata da una grotta naturale, una mangiatoia scavata nella roccia, un po’ di fieno e due bestie domestiche. Dobbiamo confessarcelo, noi gli offriamo di più, ma dobbiamo essere sicuri che questo “di più” sia davvero ciò che Lui desidera che gli diamo in dietro per tutto quello che Lui ci ha dato. A tutti un sereno Natale, un felice anno nuovo e l’auspicio di una ritrovata Sapienza che aiuti a discernere ciò che realmente giova. Vostro,
don Francesco, paroco.