30 Aprile 2017
“«Resta con noi, perché si fa sera…»”
INTRODUZIONE
G. – Celebriamo oggi la III domenica di Pasqua. La memoria di Gesù morto e risorto è il centro di ogni celebrazione sacramentale delle comunità cristiane, ma in modo del tutto particolare della celebrazione eucaristica: qui il segno dello “spezzare il pane” rimanda allo stesso tempo al corpo “spezzato” sulla croce e al dono perenne e condiviso della sua “vita” per tutti. Vivere l’eucaristia, dunque, è vivere e annunciare al mondo la sconfitta della morte attraverso il dono della vita da parte di Dio. Ma proprio per questo celebrare e vivere l’eucaristia rinvia sempre anche alla lotta umana per la liberazione da ogni forma di corruzione e di alienazione che fa morire l’uomo e la sua speranza di vita. Nel vangelo i discepoli di Emmaus riconoscono Gesù risorto «nello spezzare il pane». Nella loro profonda tristezza si inserisce un gesto familiare e intimo: Gesù, «quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro». È il gesto che apre loro gli occhi per un significato inatteso: Gesù diventa così una presenza che dà pienezza e senso nuovo alla loro esistenza. Come sempre ricordiamo a tutti di spegnere i cellulari, di non fermarsi all’ingresso della chiesa ma di occupare tutti i posti disponibili, di non masticare gomme e di partecipare alla preghiera con i canti, i testi preposti senza parlare di altro. Buona celebrazione!
PRESENTAZIONE DEI DONI
G. – Con il pane, il vino, la cesta della solidarietà e le offerte che raccogliamo nei cestini offriamo al Signore la possibilità di portare aiuto concreto nel buio della povertà.
RINGRAZIAMENTO ALLA SANTA COMUNIONE
G. – Ci sono domeniche, Signore Gesù, in cui te lo confesso: lascio a fatica la mia casa, le mie occupazioni, le attività a cui tengo, per raggiungere una chiesa e partecipare all’Eucaristia. Ci sono domeniche in cui tutto sembra concorrere a distrarmi: i miei crucci, gli impegni che mi attendono, la sensazione di non poter diradare il grigiore che mi avvolge e mi opprime. Ci sono domeniche nelle quali nemmeno la tua Parola sembra portare un po’ di luce nelle mie tenebre e aiutarmi a trovare un senso, una direzione alla mia esistenza. Eppure anche a me accade di dover ammettere, proprio come i due di Emmaus, che nonostante tutto sei stato capace di far ardere il mio cuore, di riaccendere la speranza, di farmi intuire un futuro rischiarato dal tuo amore. Sì, vale la pena rispondere sempre all’appuntamento con te, anche quando non mi risulta spontaneo, perché tu continui ad attendermi e a offrirmi il tuo Pane. Sì, anche in quei frangenti, guidati dalla sola volontà, tu mi prepari una mensa, mi regali una parola d’amore, mi trasformi con la tua grazia.