Commento alla IV Domenica di Avvento – Anno A

Domenica 18 Dicembre  2016

«Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sè la sua sposa.»

INTRODUZIONE

G. – Celebriamo oggi la IV Domenica dell’Avvento. Il “segno” dell’Emmanuele, di cui parla la prima lettura della liturgia di oggi, rimanda i cristiani alla vera identità di Gesù: egli è per noi il segno per eccellenza della fedeltà di Dio, egli è «sacramento dell’incontro tra Dio e l’uomo». In questo senso la sua venuta inaugura per l’umanità intera un tempo nuovo. La nostra salvezza, che è grazia di Dio, non ci lascia tuttavia passivi e inattivi, poiché Dio non ci salva senza la nostra libera risposta di accoglienza e di collaborazione. Non è “grazia a buon mercato”, poiché pone ogni essere umano davanti alla sua responsabilità nella personale storia di salvezza. Nel vangelo della odierna liturgia l’evangelista Matteo collega la nascita di Gesù alla promessa dell’Emmanuele: egli è il “segno” per eccellenza che Dio è con noi. Matteo lo ripeterà anche alla fine, ponendo sulla bocca del Risorto la promessa: «Io sono con voi tutti i giorni…». E in Giuseppe, definito il “giusto”, ci indica un modello di attiva collaborazione con il disegno di Dio. Il quarto segno di questo cammino è un mantello, il mantello di S. Giuseppe che ci ricorda come Dio si prende sempre cura di ciascuno di noi e ci protegge dalle insidie del male. Come sempre ricordiamo l’educazione di spegnere i cellulari, di partecipare alla preghiera anche con i canti e di non parlare durante la celebrazione.

PRESENTAZIONE DEI DONI

G.– Con il pane, il vino, il cesto di solidarietà e le offerte che raccogliamo nei cestini offriamo al Signore la gioia di annunciare il nostro essere suoi figli.

RINGRAZIAMENTO ALLA SANTA COMUNIONE

G. – Entrare nel progetto del Padre tuo non è decisamente facile, Gesù. E noi rimaniamo sempre ammirati di fronte alla fede di Giuseppe. Non può decifrare fino in fondo quanto è accaduto alla sua promessa sposa, né può pretendere garanzie e sicurezze. Il messaggio che lo raggiunge, poi, ha a che fare con la zona del sogno. Al suo posto noi come avremmo reagito? Avremmo accettato un ruolo decisivo e tuttavia nascosto, avremmo deciso di fare da padre senza neppure poter dare un nome di nostro gradimento, senza esercitare quel potere assegnato dalla legge ad ogni capofamiglia? Non sapremo mai cos’è passato per la mente e il cuore di Giuseppe, ma una cosa è certa: egli ha obbedito, ha fatto tutto quello che il Padre gli chiedeva, mettendo la vita nelle sue mani, con una disponibilità a tutta prova. Signore Gesù, colui che ti ha fatto da padre è per tutti noi, discepoli, un esempio. E un invito ad accogliere un amore che va ben oltre i nostri poveri progetti e sceglie strade inusuali per realizzare meraviglie. È così che i poveri non sono pedine, ma diventano protagonisti di una storia santa.