“Dio è il pittore, la nostra fede è la pittura, i colori sono la parola di Dio, il pennello è la Chiesa. “
Carissima Comunità,
nell’ultima settima del mese di marzo abbiamo celebrato solennemente la Pasqua. Essa è il culmine del Triduo pasquale, centro e cuore di tutto l’anno liturgico, è la festa più solenne della nostra fede e prosegue con l’Ottava e il tempo liturgico di Pasqua che dura cinquanta giorni, inglobando la festività dell’Ascensione, fino alla solennità della Pentecoste. C’è da dire che quest’anno tra il S. Natale e la S. Pasqua è passato realmente pochissimo tempo. Questo potrebbe farci perdere l’importanza dell’evento e farci commettere l’errore di catalogarla semplicemente come festività da calendario. Sappiamo bene, a prescindere dal tempo che intercorre tra un evento salvifico e l’altro, che la festa del Risorto è un momento determinante nella vita di ogni cristiano. Per questo motivo ho scelto di soffermarmi nuovamente su questo evento che come Comunità abbiamo vissuto e vivremo con varie occasioni di grazia. Sappiamo tutti molto bene che il termine Pasqua deriva dal greco: pascha, e a sua volta dall’aramaico pasah e significa propriamente “passare oltre”, quindi “passaggio”. Gli Ebrei ricordavano il passaggio attraverso il mar Rosso dalla schiavitù d’Egitto alla liberazione. Per noi, quindi, è la festa del passaggio dalla morte alla vita di Gesù Cristo. Mi domando, anche sulla forza del Grande Giubileo della Misericordia che stiamo vivendo, se ogn’uno di noi sta cercando di fare il pasah, cioè il passare oltre quella sana indifferenza che si sta dilagando come un virus letale, o quella fede spicciola che accompagna tanti battezzati del nostro tempo oppure, nonostante quanto si vive, crede e sperimenta ci stiamo lasciando intrappolare dalle logiche ateistiche del tempo corrente. Per capire la Risurrezione bisogna fare l’esperienza dei due discepoli che, dopo l’annuncio ricevuto dalle donne, corsero al luogo della sepoltura, si chinarono, videro e cedettero. Cari amici forse anche noi, per comprendere a fondo questo evento straordinario, dobbiamo accogliere sempre più la novità del Vangelo, correre senza sosta sulla via della nostra storia, chinarci senza timore sul cuore misericordioso di Dio e vedere quanti prodigi, eventi e occasioni d’amore ci concede. La fede sembra sempre più un elemento da “supermarket” e non il trampolino di lancio per passare oltre. Le bende e il sudario posti sul corpo e sul volto di Gesù non devono né mummificare nè farci vergognare della fede che abbiamo scelto e che vogliamo condividere. I discepoli a vedere quello spettacolo fecero memoria e tornarono sicuri di non aver creduto invano. La domenica abbiamo tutti l’occasione di contemplare lo stesso spettacolo e di ritornare alla nostra quotidianità senza timore di credere invano. Siamo noi che con le nostre scelte facciamo la differenza, mi auguro e vi auguro di perseverare in questo principio di libertà. Buon cammino, don Francesco – parroco.